Sensore di pH e redox

Un sensore di pH, noto anche come sistema “elettrodo di pH”, è composto da due elementi, un elettrodo che assume un potenziale funzione dell’attività degli ioni H+ e un elettrodo di riferimento a potenziale costante.

Questi due elementi sono oggi quasi sempre integrati all’interno di un unico contenitore, a costituire l’elettrodo di pH combinato.

L’elemento sensibile agli ioni H+ è costituito normalmente da un filamento di argento immerso in una soluzione di cloruro di argento, un elettrolita (generalmente cloruro di potassio) e una soluzione tampone, contenuti in un tubo di vetro posizionato nella parte più interna dell’elettrodo combinato. All’estremità del tubo è presente una punta realizzata con una membrana in vetro sottile, internamente in contatto con la soluzione a pH costante ed esternamente con la soluzione da analizzare.

Un secondo tubo di vetro, concentrico ed esterno al primo, contiene l’elettrodo di riferimento ed è in collegamento elettrico con la soluzione da misurare attraverso un diaframma ceramico.

Se la sostanza è acida, ci sarà un accumulo di ioni H+ sulla parete esterna della punta, se è basica un impoverimento degli stessi ioni. In ogni caso il potenziale generato sul filo d’argento, misurato rispetto al potenziale dell’elettrodo di riferimento, fornisce informazioni sull’attività degli ioni H+ e quindi sul pH della sostanza analizzata.

Come è fatto un sensore di pH?

I sensori di pH sono costituiti dai seguenti elementi che ne definiscono le caratteristiche e li rendono maggiormente adatti ad un’applicazione rispetto ad un’altra.

  • Corpo: può essere in vetro o in materiale plastico. Il vetro garantisce facilità di pulizia, resistenza alle alte temperature ed è chimicamente inerte; la plastica è più robusta e quindi preferibile per le misure nel processo.
  • Diaframma: può essere ceramico, per usi generici con le soluzioni acquose, in PTFE o aperto. Ogni tipo di diaframma permette maggiore o minore contatto elettrico con il liquido analizzato. 
  • Punta: la punta cilindrica o sferica garantisce un’ampia superficie di contatto con il liquido, facilitando l’accumulo di cariche e la reattività del sensore di pH. La punta piatta è adatta per un uso superficiale, mentre quella conica penetra nei materiali come gli alimentari.
  • Elettrolita: può essere liquido o gel; nel primo caso di consuma e può essere ripristinato; il gel, più duraturo e senza manutenzione, è indicato per le applicazioni più critiche.
  • Connettore: la maggior parte degli strumenti utilizzano il BNC, connettore che garantisce quindi la maggiore intercambiabilità degli elettrodi.
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